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Approccio Scientifico

La comunità scientifica ha evidenziato che un certo numero di metodi e approcci si sono rivelati utili nel trattamento di persone con disturbi dello spettro autistico. Una letteratura autorevole e ampiamente citata fa riferimento agli approcci comportamentali per quanto riguarda l'efficacia di trattamento per l'autismo. "Trenta anni di ricerca hanno dimostrato l'efficacia di metodi comportamentali applicati nel ridurre i comportamenti inappropriati e nell’incrementare comportamenti appropriati legati alla comunicazione, all’apprendimento e alla socializzazione" (US Dept. of Health 1999, pag. 164). Allo stesso modo in Italia, il Ministero della Salute ( 2011) raccomanda gli approcci comportamentali per trattare l'autismo. Pertanto il nostro approccio ad AutismService aderisce ai principi dell’analisi comportamentale applicata e del comportamento verbale (Applied Behavior Analysis e Verbal Behavior - ABA/VB). La nostra esperienza professionale e la nostra preparazione accademica ci permette di integrare l’ ABA/VB con altri metodi, quali TEACCH, DIR/Floortime e Integrazione Sensoriale. Questa agilità ci permette di rispondere alle esigenze specifiche dei nostri clienti e di prendere in considerazione il loro ambiente quotidiano quando implementiamo i nostri interventi.

Il nostro punto di forza che ci permette di combinare e integrare metodi alternativi quando necessario, solitamente ci facilita nel riconoscere abilità e nell’esplorare soluzioni per  massimizzare il pieno potenziale dei nostri clienti. Di seguito forniamo una panoramica degli approcci a cui aderiamo, compreso l’ ABA/VB, il nostro metodo principale.

Bibliografia:

  • US Department of Health (1999): "Mental Health: A Report of the Surgeon General".
  • Ministero della Salute (2011): Sistema Nazionale per le linee guida. "Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti". Linea guida 21. Ottobre 2011.

Applied Behavior Analysis (ABA)

L’Applied Behavior Analysis (ABA) ha lo scopo di migliorare i comportamenti socialmente significativi che abbracciano le aree di comunicazione, gioco, cura  del sè, socializzazione, competenze professionali, abilità domestiche, e capacità accademiche. Inoltre tale approccio si focalizza sul decremento di eventuali comportamenti problematici e disadattivi, quali aggressività, autolesionismo, distruzione dell'ambiente, comportamenti stereotipati e autostimolatori.

Un punto di forza dell’ABA è che può essere incorporato nello stile di vita quotidiano di una famiglia con tutti gli attori significativi, quali genitori, parenti, fratelli, colleghi, operatori sanitari, insegnanti e terapisti impegnati nell’intervento. Pertanto la natura dell'intervento è globale e i principi dell’ABA possono essere implementati nel contesto di attività giornaliere. Oltre che in famiglia, l’ABA può essere applicato anche in altri contesti, quali l'ambiente scolastico, il posto di lavoro e nei luoghi pubblici (ad esempio in biblioteca, ristorante, trasporti pubblici, etc.)

I fondamenti scientifici che guidano l’ ABA (Cooper et al. 2007) utilizzano una raccolta di dati sulle risposte fornite dall'individuo per determinare se si stanno compiendo progressi. Ciò consente all’ABA di creare grafici sugli sviluppi avvenuti durante l’intervento e, se i progressi stimati sono assenti, permette al terapeuta di rivalutare il programma e di modificarlo.

Una procedura di insegnamento uno-a-uno utilizzata in ABA per insegnare abilità in maniera pianificata, controllata e sistematica viene indicata come Discrete Trial Teaching(DTT). Il DTT si applica quando uno studente ha bisogno di imparare un’abilità insegnata in componenti più piccoli e semplificati. Ogni prova e opportunità di apprendimento ha un inizio e una fine ben delineati. Lodi positive e/o ricompense tangibili sono utilizzate per rafforzare le competenze o i comportamenti desiderati. Un supporto/aiuto verbale o fisico può essere dato per incrementare la probabilità che l'individuo offra una risposta corretta. Il supporto/aiuto verrà gradualmente sfumato in modo da ottenere una risposta desiderata indipendente. Una parte importante del DTT è la raccolta dei dati che supporta il processo decisionale fornendo agli insegnanti/ operatori del settore informazioni utili sul livello iniziale di abilità esistenti e i progressi, l’acquisizione, il mantenimento e la generalizzazione di competenze apprese o nuovi comportamenti.

Complessivamente l'approccio ABA permette flessibilità in termini di età dell'utente, anche se la ricerca ha dimostrato solidamente che un intervento precoce in combinazione con un’intensità iniziale dell'intervento si traduce in possibilità ottimali per miglioramenti tangibili. Questo rispecchia anche la nostra esperienza ad AutismService quando si lavora con i clienti in una fase precoce. Con riferimento all’intensità dell'intervento, gli studi originali di Lovaas (Lovaas 1987) mostrano che circa la metà dei bambini sono stati in grado di ottenere notevoli miglioramenti con un'intensità di una media di 40 ore alla settimana. Altre ricerche (Lord e McGee 2001) supportano come minimo 25 ore alla settimana per l’applicazione di un intervento comportamentale intenso per bambini con autismo. Anche studi più recenti (Reed et al. 2007) hanno concluso che approcci comportamentali ad alta intensità (una media di circa 30 ore a settimana) producono maggiori risulatati rispetto ad interventi a bassa intensità (una media di circa 12 ore a settimana).

Rappresentazione concettuale delle sette dimensioni dell’ABA (ispirato da Baer et al. 1968).

7 dimensions

Bibliografia:

  • Cooper J., Heron T.E., Heward W.L (2007): "Applied Behavior Analysis", Pearson Prentice Hall.
  • Lovaas O.I. (1987):"Behavioral treatment and normal educational and intellectual functioning in young autistic children", Journal of Consulting and Clinical Psychology, 55.
  • National Research Council (2001): "Educating Children with Autism", Lord C. and McGee J.P. eds. Division of Behavioral and Social Sciences and Education. Washington, D.C.: National Academy Press.
  • Reed P., Osborne L.A, Corness M. (2007): "Brief Report: Relative Effectiveness of Different Home-based Behavioral Approaches to Early Teaching Intervention", Journal of Autism and Developmental Disorders, 37 (9), 1815-1821.

Verbal behavior (VB)

Il Verbal Behavior (VB) si basa sull’analisi comportamentale del linguaggio di Skinner e sui principi e simili procedure di insegnamento dell’Applied Behavior Analysis (Skinner 1957).

Il Verbal Behavior delinea il linguaggio come un comportamento appreso causato dalle medesime variabili ambientali che controllano il comportamento non verbale (ad esempio controllo dello stimolo, operazioni motivanti, rinforzo, etc.)

Skinner osservò che gli esseri umani acquisiscono la loro capacità di parlare nello stesso modo in cui imparano i comportamenti non verbali. In altre parole, il comportamento verbale è sotto il controllo di conseguenze mediate da altre persone che possono funzionare come interlocutori e ascoltatori. Skinner, invece di concentrarsi sulla grammatica o sintassi del linguaggio, individuò delle funzioni che chiamò operanti verbali: mand, tact, intraverbal, echoic, textual, copying a text e transcription. Nel corso degli anni ‘70, alcuni analisti comportamentali iniziarono ad adattare l'approccio di Skinner, introducendo la Verbal Behavior Therapy (Sundberg e Michael 2001; Carbone et al. 2010).

La maggior parte degli operanti verbali viene insegnata attraverso un insegnamento in
ambiente naturale (NET), dove un insegnante/terapeuta ha un obiettivo specifico in mente e, seguendo la motivazione/interesse dello studente, utilizza materiali presenti in ambiente naturale lontano da un ambiente didattico strutturato. La seguente tabella riassume i principali operanti verbali all' interno dell’analisi del comportamento verbale.

Ad esempio: se si pensa di insegnare la parola "latte" a un bambino, la stessa parola può avere funzioni diverse seguite da conseguenze diverse.

Esempio di Operanti Verbali

verbal operants

Bibliografia:

  • Carbone V.J., Sweeney-Kerwin E.J., Attanasio V. & Kasper T. (2010): “Increasing the vocal responses of children with Autism and developmental disabilities using manual sign mand and prompt delay”, Journal of Applied Behavior Analysis  (2010), 43, 705-709, N.4.
  • Skinner B.F (1957): “Verbal Behavior”. Acton, MA: Copley Publishing Group.
  • Sundberg M.L., Michael J. (2001): “The benefits of Skinner’s Analysis of Verbal Behavior for Children with Autism”, Behavior Modification 25, (5), Sage Publications.

Pivotal Response Treatment (PRT)

L'integrazione dell’analisi comportamentale del linguaggio di Skinner nell'approccio ABA, ha introdotto l'importanza della creazione di procedure di insegnamento basati sulla motivazione dello studente e un maggior utilizzo di ambienti e rinforzi naturali.

Negli anni ‘70 i Dr. R. Koegel e Dr. L.K. Koegel (Koegel & Koegel 2006) hanno sviluppato il Pivotal Response Treatment (PRT). Derivato dall’Applied Behavioral Analysis (ABA), il PRT prevede lo sviluppo della comunicazione, del linguaggio e di comportamenti sociali positivi. Basandosi sulla presa di iniziativa da parte del bambino e sulla sua motivazione, il terapeuta PRT fornisce istruzioni chiare e senza interruzioni, presentando opportunita’ di apprendimento attraverso numerosi esempi (ad esempio, l'uso dello stesso verbo in relazione a due diversi oggetti: "gira la macchina" e poi "gira la palla"), e rinforzando positivamente approssimazioni e tentativi (Neftd et al. 2010). Le procedure motivazionali sono una parte importante dell'approccio PRT che enfatizza l'uso di rinforzo "naturale" (ad esempio, se un bambino chiede "palla", ottiene la palla e non una lode né una caramella o altra ricompensa non correlata).

Fin dalla sua nascita, il Pivotal Response Treatment è stato definito Pivotal Response Training, Pivotal Response Teaching, Pivotal Response Intervention, e Natural Language Paradigm. Questi termini si riferiscono tutti allo stesso sistema di trattamento.

Esempi di procedure di insegnamento (tecniche didattiche strutturate e naturalistiche)

DTT

Bibliografia:

  • Koegel R. L., Kern Koegel L., Matos Fredeen R., Tran Q.N. (2006): “Pivotal Response Treatment for Autism: Communication, Social, & Academic Development”. Paul H. Brookes Publishing.
  • Nefdt, N., Koegel, R.L., Singer, G., & Gerber, M. (2010): “The use of a self-directed learning program to provide introductory training in pivotal response treatment (also known as pivotal response teaching and pivotal response training) to parents of children with autism. Journal of Positive Behavior Intervention. Vol. 12, No.1. 23-32

Augmentative and Alternative Communication (AAC)

Si stima che ‘’ tra il 33 e il 55 per cento delle persone con ASD non sviluppa mai capacità comunicative sufficienti per soddisfare bisogni quotidiani'' (Cafiero e Meyer 2008). I bambini con autismo possono non essere in grado di interpretare e utilizzare segnali verbali, gesti o espressioni facciali (Nunes 2008). Ciò rende la comunicazione con gli altri ancora più complessa per loro.

Le strategie di Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA) includono tutte le forme di comunicazione (al di là del linguaggio orale) che sono utilizzate per esprimere bisogni, desideri, pensieri, sentimenti e idee. La CAA utilizza espressioni facciali, gesti o segni, simboli o immagini, scrittura manuale o al computer. Le persone con gravi disturbi del linguaggio o ritardo del linguaggio si affidano a strategie di CAA per integrare e potenziare un parlato esistente o per sostituirlo, qualora non sia funzionale o comprensibile. Gli studi dimostrano che l'uso della CAA non ostacola lo sviluppo del linguaggio; anzi può risultare in un aumento della produzione del linguaggio verbale vocale (Schlosser e Sigafoos 2003; Schlosser e Wendt 2008). Pertanto le strategie di CAA sono utilizzate per migliorare la comunicazione e gli utenti non dovrebbero smettere di usare un linguaggio vocale se sono in grado di farlo.

La CAA puo’ utilizzare:

  • sistemi di comunicazione non assistita in cui l'utente utilizza gesti, linguaggio del corpo e/o lingua dei segni per trasmettere messaggi
  • sistemi di comunicazione assistita in cui l'utente impiega strumenti o apparecchiature che sono definiti low-tech quando includono carta e penna, libretti di comunicazione o tabelle; e high-tech quando includono dispositivi e ausili con uscita in voce, smartphones, tablets, etc.(Shepherd et al 2009;. Shane et al 2012.).

Considerando il controllo motorio degli utenti, è importante identificare le tecniche di selezione più adeguate (selezione diretta, scansione e codifica) per indicare simboli / immagini / parole che l'utente desidera utilizzare. Dato che la modalità di selezione ha un impatto diretto sulla velocità di comunicazione, si dovrebbero utilizzare tecniche di selezione che richiedono il minor tempo e sforzo di esecuzione. In un sistema CAA è anche importante identificare il metodo che verrà utilizzato per rappresentare il linguaggio. E' possibile utilizzare metodi diversi in base alle esigenze dell'utente (immagini singole, sistema simbolico, sistema alfabetico, sistema di compattazione semantica).

Bibliografia:

  • Cafiero, J., & Meyer, A. (2008): “Your Child with Autism: When is Augmentative and Alternative Communication (AAC) an Appropriate Option?” [Electronic Version] Exceptional Parent Magazine. April, 28-31.
  • Nunes, D. (2008): "Augmentative and alternative communication intervention for autism: A research summary", International Journal of Special Education, 23, 17-26.
  • Schlosser R.W., Sigafoos J. (2003): "The efficacy of augmentative and alternative communication", Burlington, MA: Academic Press.
  • Schlosser, R. W., Wendt O. (2008): "Effects of augmentative and alternative communication intervention on speech production in children with autism: a systematic review". American Journal of Speech-Language Pathology 17 (3): 212–230
  • Shane H.C; Laubscher E.H; Schlosser R.W; Flynn S.; Sorce J.F; Abramson J. (2012): “Applying technology to visually support language and communication individuals with autism spectrum disorders”, Journal of Autism and Developmental Disorders. pp. 1228-1235
  • Shepherd, T. A.; Campbell, K. A.; Renzoni, A. M.; Sloan, N. (2009): "Reliability of Speech Generating Devices: A 5-Year Review". Augmentative and Alternative Communication 25 (3): 145–153).

Picture Exchange Communication System (PECS)

Una delle procedure di insegnamento più comunemente usate dalla CAA è il sistema di scambio della figura (Picture Exchange Communication System=PECS). Inizialmente sviluppato nel 1985 da Andy Bondy, PhD e Lori Frost, CCC / SLP, PECS è un sistema di comunicazione aumentativa alternativa per insegnare a bambini e adulti con autismo e deficit di comunicazione ad intraprendere uno scambio comunicativo. Il PECS inizia con l'insegnare allo studente lo scambio di un'immagine/simbolo per richiedere un oggetto desiderato a un insegnante/partner comunicativo che immediatamente onora la richiesta.

Esempio di Sistema di Scambio della Figura (Picture Exchange Communication System = PECS)

Picture Exchange

Dopo che lo studente ha imparato a chiedere spontaneamente l’oggetto desiderato, si continua a insegnare la discriminazione tra i simboli e poi la costruzione di una semplice frase. Nelle fasi più avanzate gli utenti imparano a rispondere, a domande e a formulare osservazioni e commenti.
Ci sono sei fasi di insegnamento:

  • Fase I: come comunicare
  • Fase II: la distanza e la persistenza
  • Fase III: la discriminazione tra immagini
  • Fase IV: la struttura della frase e l'espansione del linguaggio
  • Fase V: rispondere a domande
  • Fase VI: formulare commenti

Anche se inizialmente erano emerse preoccupazioni sul fatto che il PECS avesse potuto ritardare o inibire lo sviluppo del linguaggio orale, una recente revisione di numerosi studi ha mostrato che il PECS invece favorisce e stimola la produzione verbale vocale (Sulzer-Azaroff et al. 2009; Ganz et al. 2012). Il sistema PECS può essere combinato anche con elementi dell’analisi comportamentale verbale e può essere utilizzato per insegnare gli operanti verbali  a bambini non vocali.

Bibliografia:

  • Andy Bondy A. & Frost L. (2002): “The Picture Exchange Communication System Training Manual”, Pyramid Educational Consultants Inc.  Second Edition.
  • Sulzer-Azaroff, B., Hoffman, A., Horton, C., Bondy, A., & Frost, L. (2009): "The Picture Exchange Communication System (PECS): What Do the Data Say?", Focus on Autism, 24, 89-103.
  • Ganz J.B., Simpson R.L., Lund E.M. (2012): ‘’The Picture Exchange Communication System (PECS): A Promising Method for Improving Communication Skills of Learners with Autism Spectrum Disorders’’, Education and Training in Autism and Developmental Disabilities, 47-2, p176-186 (Jun 2012)

Social Cognition

La Cognizione Sociale è lo studio di come le persone elaborano informazioni sociali, in particolare la loro codifica, conservazione, recupero e applicazione alle situazioni sociali. E’ la capacità di considerare le emozioni degli altri nelle loro azioni e nella comunicazione (Shaffer e Kipp 2009;. Aronson et al. 2010).

Il contenuto della nostra mente non è visibile: possiamo capire ciò che gli altri sanno o credono solo dai loro comportamenti, da come agiscono, da ciò che dicono o dall'espressione del loro viso (Chawarska e Shic 2009; Chawarska et al. 2010). I soggetti con disturbi dello spettro autistico hanno difficoltà a interpretare situazioni sociali. Possono mancare di competenze sociali, come chiedere a un amico di giocare insieme, o avere difficoltà nel rispondere adeguatamente in diverse situazioni sociali (ad esempio previsione di esiti, preparazione a cambiamenti, problem-solving, etc.).

Abilità nella cognizione sociale sono essenziali anche per l'apprendimento in molte aree accademiche.

Nella lettura, abilità di cognizione sociale permettono al bambino di comprendere il punto di vista di personaggi diversi (ad esempio distinguere le diverse prospettive di Cappuccetto Rosso e del lupo). Senza capire questi concetti, le storie possono spesso diventare una sequenza noiosa di eventi. La cognizione sociale svolge un ruolo importante anche nella comprensione di molti aspetti della storia, studi sociali e culturali, arte e politica. Le scuole sono anche ambienti sociali e, oltre a sviluppare competenze di tipo accademico, insegnano a bambini e adolescenti a vivere con gli altri. E' attraverso la presa di prospettiva dell’altro che i bambini imparano i principi fondamentali di condivisione e gentilezza, risolvendo i problemi attraverso il dialogo piuttosto che un confronto fisico.

Attualmente, sono tre le principali teorie esistenti che spiegano i deficit cognitivi sociali:
  • Teoria della Mente (Baron-Cohen et al. 1985).
    Questa teoria si riferisce alla capacità di capire che gli altri hanno intenzioni, pensieri, desideri e sentimenti diversi dai propri. Ciò permette di comprendere, spiegare e prevedere il comportamento degli altri, consentendo al singolo individuo di mantenere contemporaneamente diverse rappresentazioni del mondo. Essendo tali rappresentazioni non direttamente osservabili, gli individui con sindrome di Asperger possono avere difficoltà nell'interazione sociale e nell'uso della lingua, in particolare nell’interpretazione di metafore, di diversi tipi di umorismo, del sarcasmo, o di bugie (Baron-Cohen 1997; Baron-Cohen et al. 2009).
  • Teoria della Coerenza Centrale (Frith 2003; Happé e Frith 2006).
    Gli individui con autismo di solito tendono a pensare in parti e a concentrarsi sul particolare, mentre hanno difficoltà a concettualizzare un insieme più ampio e totale, mostrando difficoltà nel generare più di una soluzione. Da ciò emergono difficoltà nel problem-solving e nella comunicazione. Per esempio, se un adolescente con la sindrome di Asperger è coinvolto in una conversazione, può ascoltare le risposte del suo interlocutore come fatti separati senza collegare le informazioni alle conoscenze acquisite in precedenza su tale persona. Pertanto l'adolescente può impegnarsi in una conversazione superficiale o rivolgere domande fuori contesto, così da rendere difficile la formazione di una relazione più profonda.
  • Teoria della Disfunzione Esecutiva (Ozonoff et al. 1991).
    Questa teoria si riferisce a difficoltà emergenti durante la creazione di strutture organizzative che consentono la flessibilità e la priorità. Gli individui con sindrome di Asperger hanno difficoltà in comportamenti quali la pianificazione, il controllo degli impulsi, l'inibizione di risposte prepotenti ma irrilevanti, e la flessibilità di pensiero (Yerys et al. 2007). La disfunzione esecutiva puo’ influenzare la comunicazione e la capacità di conversazione (Burgess e Turkstra 2010; Turkstra e Byom 2010). Ad esempio, gli individui con sindrome di Asperger possono avere difficoltà a spostare l'attenzione nel corso di una conversazione su argomenti diversi e a filtrare o bloccare eventuali distrattori ambientali al fine di concentrarsi sull’interlocutore. Questa teoria spiega la perseveranza, la rigidità e la natura inflessibile spesso osservate nelle persone con sindrome di Asperger.

Applicazione della Teoria della Mente

Theory of mind

Bibliografia:

  • Aronson, E.; Wilson, T; Akert, R. (2010): "Chapter 3: Social Cognition" in Social Psychology. Pearson.
  • Baron-Cohen, S, Leslie, A.M., & Frith, U, (1985): “Does the autistic child have a “theory of mind?” Cognition, 21, 37-46.
  • Baron-Cohen, S. (1997): “Hey!  It was just a joke! Understanding propositions and propositional attitudes by normally developing children and children with autism”, Israel Journal of Psychiatry, 34, 174-178
  • Baron-Cohen, S, Golan, O, & Ashwin, E, (2009): “Can emotion recognition be taught to children with autism spectrum conditions?”, Proceedings of the Royal Society, Series B, Special Issue, 364, 3,567-3,574.
  • Burgess, S., & Turkstra, L.S. (2010): “Quality of Communication Life in Adolescents with High Functioning Autism and Asperger Syndrome: A Feasibility Study”. Language Speech and Hearing Services in Schools Oct;41(4):474-87
  • Chawarska K., & Shic, F. (2009): “Looking but not seeing: Abnormal visual scanning and recognition of faces in 2 and 4-year old children with Autism Spectrum Disorder”, Journal of Autism and Developmental Disorders. Vol. 39, N.12 (2009), p.1,663-1,672.
  • Chawarska, K., Volkmar, F., & Klin, A. (2010): “Limited Attentional Bias for Faces in Toddlers With Autism Spectrum Disorders”, Arch Gen Psychiatry, 67(2), 178-185.
  • Frith, Uta (2003): “Autism: explaining the enigma”. Cambridge, MA: Blackwell Pub.
  • Happé, F.; Frith, U. (2006): "The Weak Coherence Account: Detail-focused Cognitive Style in Autism Spectrum Disorders", Journal of Autism and Developmental Disorders 36 (1), 5–25.
  • Shaffer, D.R.; Kipp, K. (2009): "Chapter 12: Theories of social and cognitive development" in “Developmental Psychology: Childhood and Adolescence”. Wadsworth Publishing Company. 
  • Turkstra, L.S. and Byom, L.J. (2010): “Executive functions and communication in adolescents”, ASHA Leader December 21.
  • Ozonoff, S.; Pennington, B.F; & Rogers, S.J. (1991): “Executive function deficits in high-functioning autistic individuals: Relationship to theory of mind”, Journal of Child Psychology and Psychiatry 32(7), 1,081-1,105.
  • Yerys, B.E., Hepburn, S.L., Pennington, B.F., & Rogers, S.J. (2007): “Executive function in young children with Autism: Evidence consistent with a secondary deficit.”, Journal of Autism and Developmental Disorders, 37(6), 1,068-107.

Social Stories

Il concetto di Storie Sociali è stato introdotto da Carol Gray negli anni '90 per supportare le persone con autismo affinche’potessero comprendere piu’ facilmente come comportarsi in modo appropriato in una varietà di situazioni sociali (Gray e Garand 1993). I soggetti con disturbi dello spettro autistico apprendono prevalentemente attraverso modalita’ visive, ma spesso presentano difficoltà nel capire e nel rispondere alle varie situazioni sociali. Le storie sociali sono brevi racconti che scompongono una situazione sociale complessa in steps piu’ comprensibili, omettendo informazioni irrilevanti, presentando il punto di vista degli altri e suggerendo una risposta adeguata attraverso modalita’ molto descrittive. Le storie sociali illustrano situazioni reali utilizzando disegni, fotografie o simboli, e commenti scritti o dialoghi adeguati alle capacità dell'utente (Crozier e Sileo 2005, Schneider e Goldstein 2009; Schneider e Goldstein 2010).

Esempio di una Storia Sociale

Social Stories

Ci sono sette tipi di frasi che possono essere utilizzati per creare una storia sociale (Gray 2000):

  • Frasi Descrittive: forniscono informazioni relative all'utente, all'ambiente e a ciò che avrà luogo nella situazione sociale. Sono frasi veritiere e descrittive, libere da un parere personale.
  • Frasi di Prospettiva: identificano le emozioni o le reazioni degli altri in una determinata situazione sociale in modo che l'individuo possa imparare come gli altri percepiscono eventi vari.
  • Frasi Direttive: presentano o suggeriscono, in termini positivi, una scelta di risposte a un evento, descrivendo come la persona dovrebbe rispondere alla situazione sociale.
  • Frasi Affermative: possono esprimere un valore comunemente condiviso o un’opinione, facendo riferimento a una regola per rassicurare l’utente.
  • Frasi di Controllo: identificano strategie personali che l’individuo può applicare in una situazione specifica. Possono essere scritte dalla persona stessa dopo aver esaminato la storia sociale.
  • Frasi Cooperative: descrivono ciò che gli altri faranno per supportare l’utente, garantendo una coerenza di risposta da una varietà di persone.
  • Frasi Parziali: incoraggiano l'individuo a ipotizzare il passo successivo che si può delineare in una situazione (la risposta da parte dell’utente o di un altro individuo). Tali frasi possono essere scritte parzialmente lasciando uno spazio vuoto da completare.

Bibliografia:

  • Crozier, S. and Sileo, N. (2005): “Encouraging Positive Behavior With Social Stories: An Intervention For Children With Autism Spectrum Disorder”, Teaching Exceptional Children, 37(6), 26-31
  • Gray C. (2000): "The New Social Story Book". Future Horizons, Arlington.
  • Gray C. and Garand J.D. (1993): "Social Stories: improving responses of students with autism with accurate social information", Focus on Autistic Behavior 8 (1):  pp. 1–10.
  • Schneider N. and Goldstein H. (2009): “Social stories improve the on-task behavior of children with language impairment”, Journal of Early Intervention. 31(2), pp. 250-264
  • Schneider N. and Goldstein H. (2010): ”Using social stories and visual schedules to improve socially appropriate behaviors in children with autism”, Journal of Positive Behavior Interventions. 12(3), pp. 149-160.

Cognitive Behavioral Therapy (CBT)

Negli anni ‘60, il Dr. A.T. Beck ha sviluppato la terapia cognitiva come una terapia strutturata che utilizza un modello di elaborazione delle informazioni per comprendere e trattare condizioni psicopatologiche. A differenza di altre forme di psicoterapia, la terapia cognitiva è di solito maggiormente concentrata sul presente, limitata nel tempo, e più orientata al problem-solving.

La Terapia Cognitivo-Comportamentale (Cognitive Behavior Therapy- CBT) si basa sul modello cognitivo che descrive come la percezione della persone di determinate situazioni può influenzare le loro reazioni emotive, comportamentali e spesso anche fisiologiche (Beck, 2011). La CBT può aiutare le persone che si trovano in difficoltà attraverso l’identificazione dei loro pensieri negativi, valutando quanto siano realistici, e imparando a cambiare un pensiero distorto in un pensiero che si avvicini il più possibile alla realtà della situazione. Quando le persone sono in grado di attuare tali procedure, sono in grado di comportarsi in modo più funzionale e il loro disagio solitamente decrementa.

Gli studi dimostrano che la CBT può essere utilmente integrata nei piani di trattamento per gli adulti con disturbi d'ansia, depressione, disturbi alimentari, disturbi della personalità, lombalgia cronica e disturbi legati a dipendenza da uso di sostanze stupefacenti.

Nei bambini e negli adolescenti, la CBT è un elemento efficace nei piani di trattamento per i disturbi d'ansia, depressione, disturbi alimentari e obesità, comportamenti
ossessivo-compulsivi, tic o altri comportamento ripetitivi (Boileau 2011; Flessner 2011; Mennuti et al. 2005;. Seligman & Ollendick 2011).

Bibliografia:

  • Beck J.S. (2011): “Cognitive Behavior Therapy: basic and beyond” (II Edition) - Guilford Press.
  • Boileau B. (2011): “A review of obsessive-compulsive disorder in children and adolescents”; Dialogues in Clinical Neuroscience, 13 (4): 401–11.
  • Flessner C.A. (2011): “Cognitive-behavioral therapy for childhood repetitive behavior disorders: tic disorders and trichotillomania”; Child and Adolescent Psychiatric Clinics of North America, 20 (2): 319–28.
  • Mennuti R.M, Christner R.W, Freeman A. (2005): “Cognitive-Behavioral Interventions in Educational Settings: A Handbook for Practice”, Routledge Press.
  • Seligman L.D. and Ollendick T.H. ( 2011): “Cognitive-behavioral therapy for anxiety disorders in youth”; Child and Adolescent Psychiatric Clinics of North America, 20 (2): 217–38

Sensory Integration Therapy (SIT)

Le persone scoprono il mondo attraverso i sensi quali l’udito, la vista, il tatto, l’olfatto e/o il movimento. Tuttavia, i bambini con disturbi dello spettro autistico hanno spesso risposte insolite legate ai loro sensi, iper o ipo-reagendo a ciò che sentono, vedono, gustano o toccano. Queste risposte possono interferire con l'apprendimento e influenzare il comportamento. Alcuni bambini possono evitare un contatto fisico delicato come una carezza, mentre altri possono reagire con piacere a giochi molto fisici. Vi sono bambini che mostrano selettività alimentari particolari con cibi preferiti consumati in eccesso, mentre altri limitano la loro dieta a pochissimi alimenti. Alcuni individui possono mostrarsi estremamente sensibili a certi rumori/suoni, a vari tipi di tessuto, o a luci. Questi possono essere i segni di un Disordine Sensoriale, noto anche come Disfunzione dell’Integrazione Sensoriale o Disintegrazione Sensoriale.

Illustrazione del Disordine Sensoriale

Sensory Integration Therapy

L’ Integrazione Sensoriale è un processo neurobiologico innato e si riferisce all’interpretazione della stimolazione sensoriale dell'ambiente da parte del cervello. Questa informazione svolge un ruolo importante nel percepire l'ambiente e nell’attivare le reazioni di difesa per la sopravvivenza (Adt e Sengupta 2005; Burr et al. 2006).

La teoria dell’integrazione sensoriale è stata sviluppata negli anni ‘70 dal Dr A. Jean Ayres, la quale creò una serie di esercizi ludici per supportare i bambini nel processare risposte più organizzate a stimoli sensoriali (Ayres 1970; Ayres 1973).

La Terapia di Integrazione Sensoriale si concentra principalmente su tre sensi di base:

  • Tattile: questo sistema comprende nervi sotto la superficie della pelle che inviano informazioni al cervello, in relazione alle reazioni legate ad un tocco lieve, al dolore, alla temperatura e alla pressione. Una disfunzione nel sistema tattile può essere identificata nel rifiuto di mangiare alcuni cibi o di indossare certi tipi di abbigliamento, il ritirarsi quando si viene toccati, il lamentarsi quando il proprio viso viene lavato o l’evitare di sporcarsi le mani (toccando colla, sabbia, fango o vernice).
  • Vestibolare: questo sistema si riferisce a strutture all'interno dell'orecchio interno che rilevano i movimenti e i cambiamenti nella posizione della testa. Una disfunzione in questo sistema può manifestarsi in una ipersensibilità (per esempio, alcuni bambini possono avere difficoltà nell’ imparare a salire o a scendere le scale, o possono temere attività come altalene e scivoli) o in una iposensibilità (alcuni bambini hanno bisogno di stimolare il loro sistema vestibolare saltando o girando su stessi continuamente).
  • Propriocettivo: questo sistema fa riferimento all’insieme di muscoli, articolazioni e tendini che offrono a un individuo la consapevolezza della posizione del proprio corpo, regolandosi automaticamente in situazioni diversi (come stare seduti correttamente su una sedia o scendere da un marciapiede senza difficoltà). Il sistema propriocettivo permette anche la manipolazione di oggetti con movimenti motori fini (come scrivere con una penna, utilizzare un cucchiaio per mangiare una zuppa, o abbottonarsi una camicia). Segni comuni di una disfunzione in questo sistema sono goffaggine, una tendenza a cadere, mangiare in modo poco ‘elegante’ tendendo a rovesciare spesso il cibo o a sporcarsi eccessivamente la bocca, posture del corpo bizzarre.

Bibliografia:

  • Ayres A.J. (1973): “Sensory Integration and Learning Disorders”, Western Psychological Services.
  • Ayres A. J. (1979): “ Sensory Integration and the Child”, Western Psychological Services.
  • Adt S. and Sengupta P. (2005): "Sensorimotor integration: Locating  locomotion in neural circuits". Current Biology 15 (9): R341-R353.
  • Burr D. ; Alais D. ; S. Martinez-Conde (2006): "Chapter 14 Combining visual and auditory information" in “Progress in Brain Research” (2006) p.243-258.

TEACCH

Il Treatment and Education of Autistic and related Communication Handicapped Children (TEACCH)  è un programma di formazione per gli individui di tutte le età con disturbi dello spettro autistico sviluppato presso l'Università del North Carolina, originariamente per un progetto di ricerca su bambini dai Dr. E. Schopler e Dr R. Reichler nel 1964.

Partendo dal presupposto che le persone con autismo imparano prevalentemente con modalita’ visive, le strategie di intervento si basano su una strutturazione dell’ambiente fisico, un’organizzazione visiva quali agende o tabelle, sistemi di lavoro e schemi dettagliati del compito, utilizzando tecniche di comunicazione aumentativa alternativa in un ambiente organizzato con cura per evitare qualsiasi distrazione o sovrastimolazione per l'utente. (Mesibov et al. 2004; Peeters 2008).

Esempio di un'agenda visiva di attività pomeridiane

TEACCH

Il principale strumento didattico è una task box, una scatola del compito che contiene tutti i materiali necessari per il completamento di un'attività. Le scatole per le attività aiutano a organizzare e strutturare il lavoro in quanto forniscono un inizio e una fine chiari per il compito che sarà completato, favorendo così le abilità di un lavoro in autonomia.

Esempio di una scatola educativa del compito

Educational task box

Bibliografia:

  • Mesibov G.B., Shea V., Schopler E. (2004): “The TEACCH Approach to Autism Spectrum Disorders”. Springer
  • Peeters, T. (2008): “L'autisme. De la compréhension à l'intervention”. Paris: Dunod

DIR/FloorTime

Il Developmental, Individual-Difference, Relationship-Based model (DIR o FloorTime) è una forma di terapia basata sul gioco sviluppata dal Dr. S. Greenspan che utilizza le interazioni e le relazioni per supportare bambini con ritardo dello sviluppo e autismo (Greenspan e Wieder 2006). Invece di guardare solo ai sintomi, questo approccio descrive come individuare le tappe mancanti dello sviluppo e, conoscendo quali competenze essenziali rinforzare, i bambini vengono supportati nel praticare abilita’ base di pensiero (quali l’impegnarsi,  l'interazione, il pensiero simbolico e quello logico).

Il Dr. Greenspan ha identificato sei tappe dello sviluppo:

  1. Attenzione condivisa e regolazione: si concentra sul profilo sensoriale e motorio del bambino e la regolazione delle sue risposte.
  2. Impegnarsi e mettersi in relazione: il bambino impara a utilizzare il proprio corpo per cercare il volto e il contatto del genitore attraverso uno sguardo e coccole, e per esplorare il suo ambiente alla ricerca di oggetti familiari.
  3. Comunicazione intenzionale: in questa fase emergono aperture e chiusure di cicli di comunicazione: quando un bambino entra in contatto con il genitore guardandolo, apre il ciclo. Quando il genitore risponde, ricambiando lo sguardo del proprio bambino, la madre/padre costruisce una comunicazione sulla base dell’azione del figlio. Quando il bambino a sua volta risponde al genitore, con un sorriso, vocalizzi, o persino voltandosi di spalle, chiude il ciclo comunicativo.
  4. Comunicazione complessa e problem-solving: i cicli di comunicazione si espandono. Il bambino inizia a sviluppare un vocabolario di gesti, non di parole, per esprimere i propri desideri.
  5. Creazione di idee emozionali: la capacità del bambino di formare idee si sviluppa prima nel gioco. Il bambino usa i giocattoli per creare storie e attraverso queste storie sperimenta una serie di intenzioni e desideri che sente. Con il gioco comincia a emergere un utilizzo più esteso di parole.
  6. Idee emozionali e il pensiero logico: nella fase precedente, le espressioni emozionali del bambino non erano connesse. Il gioco si spostava da una merenda con il tè a una corsa con le macchinine. Invece in questa sesta tappa, il bambino costruisce ponti: le idee sono connesse tra loro e il gioco e la fantasia sono collegate in sequenze logiche.

Prendendo in considerazione le tappe dello sviluppo, con l'approccio DIR/Floortime si parte dal presupposto che le azioni del bambino hanno uno scopo e quindi i genitori o caregivers seguono la direzione mostrata dal bambino, supportandolo nello sviluppo delle abilità sociali e comunicative. Per esempio, durante una sessione di Floortime, un bambino può spesso sbattere una macchinina contro il pavimento. La madre può imitare l'azione di sbattere, bloccare la macchinina o mettere la propria macchinina davanti a quella del figlio. Questo stimolerà il bambino a interagire con lei. Da lì la madre incoraggia il bambino a sviluppare schemi di gioco più complessi, includendo parole e linguaggio nel gioco.

Il DIR/Floortime solitamente è utilizzato dalle famiglie che preferiscono una terapia basata sul gioco come trattamento primario o secondario, in particolare per  bambini piccoli o di scuola materna.

Bibliografia:

  • Greenspan S. and Wieder S. (2006): “Engaging Autism: Using the Floortime Approach to Help Children Relate, Communicate, and Think”. Da Capo Press.